Rione Ponte
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Il quartiere dei Banchi fonda le sue radici nella Roma antica e, dopo una fase di decadenza in età medievale, acquistò nuovo splendore nel primo Cinquecento grazie all’interesse di uomini quali Giulio Alberini e Raffaello Sanzio, che ne riconobbero i valori.

LE ORIGINI
L’area era anticamente attraversata dalla Via Recta, di cui Vicolo del Curato, Via dei Coronari e Via delle Coppelle sono segmenti che tutt’oggi permangono. Questo asse partendo dal Ponte Neroniano, intersecava la Porticus Maximae (oggi Via del Banco di S. Spirito), per giungere alla Via Lata (Via del Corso). La Porticus Maximae nel tardo Medioevo - allora chiamata Canale di Ponte poiché si riempiva di acqua in occasione delle inondazioni del Tevere - venne prolungata verso sud in Via dei Banchi Nuovi, Via dei Banchi Vecchi (Via Mercatoria) e Via del Pellegrino.
In occasione del completamento dei lavori per la costruzione della Porticus Maximae, gli imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio (IV secolo) fecero erigere un arco trionfale che fu poi demolito per l’ampliamento della Piazza di Ponte. Sulla piazza si affacciava il portico della chiesa medievale di San Celso, che al tempo di sviluppava lungo il Canale di Ponte.
IL RINNOVO DI NICCOLÒ V
Grazie al definitivo trasferimento del papato a Roma nel 1443, per opera di Eugenio IV (1431-1477), prese avvio il rinnovamento della città e del quartiere dei Banchi. In quanto Capo della Camera Apostolica, il responsabile della pianificazione e della difesa della città era Ludovico Trevisan Scarampi Mezzarota, nominato dal Papa nel 1440. Padovano di nascita, aveva studiato con Leon Battista Alberti, era collezionista di antichità, appassionato committente e nutriva un forte interesse per la conservazione e la ricostruzione della Roma antica. Con il Papa infatti avviarono subito il restauro degli edifici e la regolazione della rete stradale.
Tuttavia la città versava ancora in condizioni disastrose. Fu Niccolò V (11447-1455) che avviò la campagna di risanamento più intensa grazie ai fondi che giungevano per l’Anno Santo (1450). Consigliato da Leon Battista Alberti che dal 1444 era a Roma, il Papa e Trevisan avviarono nel 1451 una campagna di ricognizione delle chiese da restaurare ed introdussero misure per il miglioramento della viabilità, dell’igiene e della sicurezza della città: l’esecuzione di tali misure urbanistiche era affidata ai maestri di strada.
La rete stradale venne riorganizzata in funzione delle residenze pontificie presso il Vaticano, il Laterano, Santa Maria Maggiore, Castel Sant’Angelo e il Campidoglio, avendo come punti chiave della mobilità cittadina i porti di Ripa Grande e Ripetta, le porte ed i due ponti.
“Era tornata Roma per l’assenza del Papa come una terra di Vaccai, perché si tenevano le pecore e le vacche dove oggi sono i banchi dei mercanti, e tutti erano in caperone e stivagli, per essere stati trent’anni senza la Corte, e per le guerre avute. Ritornando poi il Pontefice con una bella corte, si rivestirono e rassettarono la maggior parte, e ebbono più reverentia alla Sua Santità che non avevan avuto per lo passato.”
Vespasiano da Bisticci (1421-1498) sul papato di Niccolò V
SISTO IV
Che sia demolita e fatta ricostruire in modo diverso qualunque casa e qualunque esistente in qualsiasi punto della città che in qualsiasi modo renda le vie pubbliche o anguste o tortuose, in primo luogo e specialmente ed espressamente gli edifici e le case esistenti sulla via per cui si va da Ponte Sant’Angelo a Campo de’ Fiori
Nonostante gli sforzi di Niccolò V e dei suoi successori, ancora nel Cinquecento le strade di Roma risultavano strette, tortuose e insalubri: nel 1467 cento abitanti del Rione Ponte - tra i quali Giovanni Bonadies - furono multati per aver gettato sulle strade spazzatura. Tali problematiche erano amplificate dalle frequenti inondazioni del Tevere.
Sisto IV si dedicò ampiamente al miglioramento e alla creazione di infrastrutture per agevolare la corte papale, i romani e i pellegrini. Dal 1473 avviò la costruzione dell’Ospedale di Santo Spirito, fece chiudere i portici e demolire gli avancorpi che ostruivano le strade.
L’antica strada (poi Via Sistina) che collegava Borgo con Piazza del Ponte, Porta Flaminia e Santa Maria del Popolo venne lastricata con mattoni nel tratto compreso tra il Vaticano e Castel Sant’Angelo ed ulteriormente rettificata con l’aggiunta di Via di Tor di Nona.
La bellezza ritrovata del rione incentivò nuove edificazioni (Palazzo Altemps) e grandi ristrutturazioni per le quali il Papa decise di attingere alla scuola romana impegnata nel cantiere da lui avviato di Palazzo Venezia.
Innocenzo VIII (1484 - 1492), consigliato da Giuliano delle Rovere, nominò architetto papale Baccio Pontelli (1449 - 1494). Egli fu incaricato dal 1489 della costruzione del Palazzo della Cancelleria, il più complesso, classicheggiante e perfetto palazzo del Quattrocento che subito divenne modello e prototipo delle successive architetture di Alessandro VI.
Qui ove scorgi, a desta e a sinistra, tante botteghe,
Qui dove una Roma d’oro mette in mostra le sue ricchezze,
Dove la via ora risplende bellissima per immensa estensione,
V’era, ancor poco tempo fa, un sentiero oppresso dai portici.
Dai portici, ho detto, ma, di baracche e di fango, di rovine…
IL PROGETTO URBANISTICO DI GIULIO II
Appena eletto Papa, Giuliano della Rovere nominò Bramante suo primo architetto. Giulio II voleva trasformare il Tevere in una rappresentativa strada d’acqua, così iniziarono a sorgere edifici di rappresentanza: sulla sponda sinistra Palazzo dei Tribunali, Palazzo Farnese, Sant’Eligio e San Giovanni dei Fiorentini e sul lato opposto i palazzi suburbani di Alessandro Farnese, Raffale Riario, Agostino Chigi ed altri. L’utopia di una rivalsa sul Canal Grande di Venezia venne sostenuta anche da Leone X e Clemente VIII ma si concluse a breve a causa del Sacco di Roma del 1527 e delle innumerevoli inondazioni causate dal fiume.
Il quartiere dei Banchi continuava ad essere il centro del commercio della città, all’ombra di uno dei simboli della grandiosità romana: Castel Sant’Angelo, sul quale Giulio II fece costruire nel 1504 la loggia da Giuliano da Sangallo, che divenne simbolo della sua potenza e presenza sul territorio.
Il progetto urbanistico di Giulio II prevedeva anche la pianificazione del quartiere dei Banchi a partire dalla regolarizzazione di Piazza di Ponte e Via del Banco di Santo Spirito, di cui si è conservato il rilievo di Niccolò Finucci da Bibiena. Il disegno mostra che già nel 1524 era stato previsto un vicolo che sfociava davanti la facciata di San Giovanni ma che sarà realizzato sotto Paolo III demolendo parte di Casa Bonadies ed una campata di Palazzo Altoviti.
La parte orientale della piazza doveva essere dominata dalla nuova chiesa dei SS. Celso e Giuliano, la cui area quadrata divenne guida per il nuovo filo di via del Banco di Santo Spirito, ampliata per conferirle un aspetto più grandioso al pari di Via Alessandrina e Via Giulia. La configurazione della chiesa verrà tuttavia ulteriormente modificata quando Sangallo, sotto Paolo III, optò per l’apertura del tridente per accentuare la simmetria della piazza dal ponte.
BIBLIOGRAFIA
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